Incontro con il poeta e scrittore albanese BASHKIM GOLEMI .
Benvenuti a questo nuovo incontro. Questa volta potrete leggere un racconto di vita vera, molto coinvolgente e sofferto, vissuto sotto la dittatura del comunismo in Albania negli anni ’70.

UNA STORIA VERA
IL RAGAZZO ALBANESE FUCILATO PERCHÉ CANTAVA LE CANZONI DI CELENTANO.
Era l’anno 1951. Il comunismo aveva conficcato profondamente le sue unghie rosse nel corpo debole dell’ Albania. L’ignoranza stava salendo le scale del potere. La cultura dal terrore dell’ oppressione riempiva le celle delle prigioni. Consumava la vita nelle miniere della morte. I piani per oscurare il Sole dell’Occidente si ordivano nelle cucine della sicurezza dello stato. Così, un giorno, improvvisamente una bomba esplose nel cortile dell’ambasciata russa a Tirana. Le spie avevano gettato il gancio della morte. Gli intellettuali che erano nella lista preparata con lo zelo dell’ oppressore, furono poi accusati come ” Nemici del popolo”, che volevano rompere l’amicizia fraterna con il popolo russo. I processi inscenati avevano sottoscritto la pena di morte.
Più di venti intellettuali furono fucilati, e in mezzo a loro c’era Cemal Daia. I suoi quattro bambini furono mandati negli orfanotrofi in diverse città, per allontanarli l’uno dall’altro. La loro mamma fu relegata in una fattoria, nel sud dell’Albania, molto lontano dai figli. Tutti separati in diverse città. Quattro bambini orfani con la mamma in vita. La tragicomica di tutto questo è, che sono sicuro di non essere credibile nel raccontarlo.
I suoi bambini furono “educati” dal Partito. Skender aveva solo due anni. Dall’ orfanotrofio della città di Elbasan, lo mandarono a Tirana, Scutari e Durazzo.
Era adolescente quando imparò a suonare la chitarra, e la sua voce melodiosa, accompagnata
dalla chitarra, riempiva di vita il gelo della stanza dove dormiva.
Di nascosto cominciò a cantare le canzoni italiane. Ammirava Celentano, e le canzoni di Skender erano messaggi di libertà. Lo spirito libero del quattordicenne non poteva accettare la dittatura. Erano le prime scintille di una grande fiamma che si sarebbe accesa nel suo cuore. Un giorno decise di incontrare suo zio, e appena ebbe trovato il suo indirizzo andò a bussare alla porta di casa sua.Si presentò per essere riconosciuto come suo nipote. Suo zio gli rispose: ” Il tuo papà è stato fucilato dal governo.” Skender adolescente, sentendo fino alle ossa l’indifferenza soffocante che lo circondava si sentì abbandonato, escluso dalla vita. Solo, isolato dalle persone, lui doveva affrontare la vita. Ma quale vita? Quella che gli avevano rubato da quando aveva 2 anni.

Adesso aveva solo il diritto di respirare e diventare un soldato degno del Partito, nello spazio senza cielo. Ma, la sua chitarra non poteva essera appesa al chiodo dell’oblio, il suo spirito libero evocava sogni impossibili. Invece erano l’unica finestra dove lui, attraverso la fantasia, immaginava il mondo libero. Erano l’unico ossigeno che l’aiutava a vivere. Violenza e speranza. Morte e desiderio di vita. Due immagini contrastanti nella natura dolce di Skender, nato per cantare. Dopo aver lasciato l’orfanotrofio, andò a trovare suo fratello e le due sorelle. La sorella maggiore era cantante. Nei concerti delle scuole era costretta a cantare canzoni che parlavano di una bellissima vita creata dal Partito. Invece Skender non poteva cantare in pubblico. Le canzoni italiane, e soprattutto quelle di Celentano, erano le sue preferite, così, lui doveva cantare tra i compagni fidati.
Sentendo nostalgia per la sua mamma, che non l’aveva visto mai, trovò il villaggio dove viveva e partì.
In una fattoria, nel sud dell’Albania, incontrò la madre per la prima volta, dall’età di due anni. Sentì ancora il suo caldo abbraccio, e lei diede la vita a suo figlio per la seconda volta.
Si era sposata con un greco, il quale non poteva tornare al suo paese perché il confine era chiuso. Per cinque giorni Skender si sentì felice, coccolato, e tra le braccia della mamma dimenticò la ferocia del sistema.
Più tardi trovò lavoro in un reparto di falegnameria nella città di Elbasan.
Dopo il lavoro, andava a riposare e a dormire nella casa da single. E nella camera da letto, quando era solo, si sentiva libero. La sua anima danzava con il suono della chitarra, si riempiva con la voce melodiosa e volava immaginando un mondo libero. Era se stesso. Era Skender libero, ispirato dalle canzoni , innamorato dei sogni per la vita libera.
Erano i momenti in cui viveva, perso nella sua passione, dimenticando il dolore dell’oppressione quotidiana.
Un giorno, come tutti gli altri Skender si trovò soldato in Ksamil. In un reparto di lavori forzati in questa piccola città. Soldato disarmato. Soldato da lavoro, senza alcuna paga. Perché lui era il figlio del ” nemico del popolo “, fucilato dal governo.
Da lì, la Grecia era molto vicina ma, Skender non fuggì dal suo paese. Quando aveva 14 anni, con i compagni, aveva espresso il desiderio di vivere in Occidente. Dopo sei anni, a vent’anni, nel fiore della giovinezza, lo arrestarono. Fu accusato di tradimento, di essere persona anticomunista che guarda all’occidente, e desideroso di fuggire dall ‘ Albania.
Il giudizio fu insindacabile: dieci anni di galera. Legato, lo portarono nel famigerato carcere di Spaci, e lì dovette lavorare nella miniera, dove la vita era separata dalla morte, solo da una linea sottile.
Ma non era questa la causa principale della pena. La passione e il desiderio infinito per le canzoni italiane era inaccettabile per la dittatura. Dunque, prima di portarlo nella cella lo picchiarono forte con un bastone sulle ginocchia, davanti a tutti i prigionieri, mentre due guardie armate lo afferravano per le braccia. Con questo, volevano dare una lezione a tutti.
Il dolore era insopportabile, ma lui continuava a stare in piedi.
“Ti piace cantare le canzoni di Celentano!?” urlava il giudice comunista, mentre lo bastonavano senza pietà per vederlo inginocchiato. Ma, Skender imbattuto non cadeva . Rimaneva in piedi, orgoglioso delle sue idee europee.
Tra i suoi nuovi amici, tutti prigionieri, c’era un ragazzo di nome Gesim Cela. Anche lui suonava la chitarra. Sua madre che viveva nella città di Luscgna, un giorno incontrò per caso la sua amica, Vace Zela. Erano vicine di casa.
” Come sta tuo figlio?” – le disse.
“Così, come tutti prigionieri che lavorano ogni giorno con la morte sospesa sopra la testa!”
” Mi dispiace! – disse la sua amica, che negli anni successivi sarebbe diventata la cantante più famosa del Paese.
“Ti do la mia chitarra. La mandi a tuo figlio per distrarsi un po’ dopo il lavoro.”
Dopo qualche giorno la sua chitarra arrivò nelle mani di suo figlio, Gesimi.
Mentre Skender suonava la chitarra del suo amico, la musica italiana danzava riscaldando l’aria fredda delle celle umide, con i muri coperti di muffa, dove dormivano i prigionieri, i nemici del popolo, come li chiamava il Partito. Soprattutto, Skender preferiva le canzoni cantate da Celentano.
In una sera tardi, perso nella magia della musica, Skender ispirato disse :
“Accetterei di ripulire tutte le strade di Roma, se mi dessero la possibilità di cantare con Celentano, davanti al pubblico italiano.”
I suoi occhi brillavano dalla grande passione e felicità che sentiva in quel momento. Ma non era solo quell’ attimo, ma, quante volte sognava soltanto che il suo desiderio si realizzasse un giorno. Ma, era solo un’illusione, un sogno ucciso prima di nascere. La sua anima libera e ribelle non poteva accettare la dittatura, la mano invisibile che opprimeva senza pietà, i pensieri e i desideri della vita.
Un giorno successe quello che ci si aspettava che succedesse.
Un loro amico fu condannato per dieci giorni, a stare in una cella, isolata dalle altre senza poter uscire.
Il giorno in cui lui sarebbe dovuto uscire dall’isolamento, il comandante della prigione, non concesse il permesso. Così, lui rimase ancora rinchiuso. I compagni arrabbiati dalle ingiustizie, una dopo l’altra, esplosero in una rivolta potente. Tutti uniti, riempirono i corridoi e il cortile del carcere.
Gridarono insieme: ” Libertà! Giù comunismo! Vogliamo vivere in Europa!” Ed, in un attimo, la bandiera della prigione scomparve. Venne alzata al suo posto quella con l’aquila a due teste senza la stella rossa. Un pezzo di terra libera, dentro la gigantesca gabbia della dittatura. Le anime si ribellarono alla negazione totale del respiro libero. Per tre giorni, un pezzo di cielo si riempì delle grida assetate di libertà. Le urla di dolore della vita violentata rompevano lo spazio.Rimasero eterne nell’ aria, nell’etere.
Vita o Morte! Un popolo aveva il diritto di decidere per la sua vita.
Skender e i suoi compagni, vissero liberi tre giorni. Solo tre giorni, e il filo dei sogni, si spezzò senza pietà. La ferocia del sistema aveva mostrato i denti mortali. E la Cupola ignorante decideva sempre per la vita degli altri, e le prove inscenate timbravano la morte con lettere di sangue. L’unica rivolta per la vita, contro la dittatura, fu quella di Spaci, dove Skender, imbattuto, amante della libertà, con i suoi compagni , mostrò al mondo, che il popolo albanese era la vittima del comunismo. Purtroppo il mondo rimase in silenzio.
Nella cella, aspettando gli esecutori, cominciò a cantare le canzoni di Celentano . E non si fermò finché non vennero a prenderlo. Sbatterono la chitarra sul muro. “Bastardo dell’Occidente, adesso vedrai la tua fine!” Le canzoni volarono fuori, nello spazio, verso il cielo.
Skender, con tre prigionieri, venne fucilato sotto al ponte di un fiume. I loro corpi non furono mai più ritrovati. Come non fu trovato il corpo del suo papà, fucilato vent’anni prima , quando suo figlio aveva due anni.
Oggi, il suo ricordo è una stella inestinguibile, una bussola nella strada della libertà.
Bashkim GOLEMI
giugno 2018